







SCUOLA 4.0
E’ la scuola del futuro???
Il Piano Scuola 4.0 non è un’invenzione di oggi ma è la prosecuzione di quel progetto di transizione digitale del sistema di istruzione – iniziato con il Piano Nazionale Scuola Digitale del 2015 – che in questi ultimi tre anni ha trovato le condizioni “più favorevoli” alla sua attuazione. Da un lato la gestione politica dell’epidemia covid-19 ha introdotto la didattica digitale a distanza come risposta alle chiusure e alle restrizioni imposte al paese – e in modo particolare al mondo della scuola. Dall’altro, con l’approvazione del PNRR nel luglio 2022 il governo uscente ha potuto contare su fondi europei – costituiti in gran parte da prestiti, peraltro bloccati relativamente alla loro destinazione – per imprimere un’accelerazione a tale processo.
Il Piano Scuola 4.0 prevede 2.1 miliardi di euro di investimenti per finanziare: 1) la trasformazione-creazione di 100.000 aule nelle scuole di ogni ordine e grado; 2) la trasformazione-creazione di un certo numero di laboratori nelle scuole secondarie di secondo grado – utilizzabili, questa è la previsione, a partire dall’a.s. 2024-25. Altri 800 milioni di euro, dei 33 miliardi complessivi messi a disposizione dal PNRR per la “Missione 4 – istruzione e ricerca”, sono destinati invece, come ha affermato Bianchi, a “riaddestrare” gli insegnanti al digitale. “Riaddestrare” un termine che dovrebbe quantomeno farci riflettere.
Tra ricostruzioni storiche del processo di trasformazione didattica e digitale della scuola italiana, rinvii a quadri normativi europei, riferimenti ad organismi sovranazionali, descrizione degli “ambienti innovativi di apprendimento” e dei “laboratori per le professioni digitali del futuro”, ciò che appare evidente è l’obiettivo, nemmeno celato, di colonizzare la scuola con un armamentario digitale al fine di realizzare fino in fondo quel modello di scuola-azienda funzionale a produrre capitale umano al servizio del sistema economico capitalistico che è stato imposto dai governi a partire dalla fine degli anni Novanta con l’introduzione dell’autonomia scolastica e l’attribuzione del ruolo dirigenziale ai presidi, con i test Invalsi e la didattica per competenze, con l’alternanza scuola-lavoro/PCTO, per continuare, in piena ‘crisi pandemica’, con la non-scuola a distanza, con l’insegnamento trasversale dell’Ed. Civica (un pastrocchio propagandistico dell’Agenda 2030), con il curriculum dello studente nelle scuole secondarie, per ‘finire’ ora con il Piano Scuola 4.0 e con il docente stabilmente incentivato.
Dire che la Scuola 4.0 non è un’invenzione di oggi però non significa dire che essa non costituisca un nuovo e che non avrà pesanti ricadute sul sistema d’istruzione e sulla società nel suo complesso.
Innanzitutto, appare chiaro che l’introduzione dei dispositivi digitali nelle classi “innovative” non è finalizzata a rendere disponibili strumenti utilizzabili liberamente dall’insegnante, quando e se ritenuti utili al proprio lavoro, ma è finalizzata ad introdurre – anche attraverso la formazione obbligatoria dei docenti – una trasformazione radicale delle metodologie didattiche e, con esse, degli obiettivi formativi, dei curricoli e dei contenuti, dei quali quello fondamentale è proprio l’apprendimento e l’uso delle tecnologie digitali stesse. Il “nucleo pedagogico trasversale alle discipline è costituito dalle competenze digitali”. E le “pedagogie innovative” sono quelle che, utilizzando i dispositivi digitali, mirano a rendere l’attività didattica un giro di giostra tra realtà virtuali, realtà aumentate, gamification, e-learning. Appare chiaro, in altri termini, che il Piano Scuola 4.0 rappresenta un ulteriore pesante attacco alla libertà di insegnamento e al pluralismo culturale senza i quali la scuola pubblica non può promuovere e preservare alcun senso critico di fronte a dogmatismi e pensieri unici e non può che risolversi in un’agenzia formativa che risponde agli interessi economici del mercato. “Le scuole devono diventare organizzazioni formative con una leadership formativa, con l’apertura al partenariato con famiglie e comunità, l’istruzione superiore, istituzioni culturali, media, imprese, altre istituzioni scolastiche”.
Che la scuola 4.0 risponda ad interessi economici risulta ancora più evidente se si considera la funzione dei “laboratori per le professioni digitali del futuro”, che devono fornire competenze digitali specifiche negli ambiti tecnologici indicati dal World Economic Forum – intelligenza artificiale, internet delle cose, robotica, creazione di prodotti e servizi digitali, creazione e fruizione di servizi in realtà virtuale e aumentata, comunicazione digitale, analisi e studio dei big data, e-commerce, economia digitale – e che “costituiscono un continuum fra la scuola e il mondo del lavoro”. Anche per i laboratori, come per le aule, devono essere progettati percorsi di formazione (curricolari, extracurricolari, PCTO) sulla base di “nuove alleanze educative” con soggetti esterni alla scuola – università, ITS, centri di ricerca, imprese, startup innovative – al fine di “costruire percorsi di carriera adeguati alle nuove sfide della digitalizzazione”.
A proposito di sfide… Di pochi giorni fa è la notizia dell’attivazione, dal prossimo anno scolastico, di un nuovo indirizzo liceale, il Liceo Digitale, voluto dal Ministero dell’Istruzione e da Leonardo. Leonardo, per chi non lo sapesse, è la decima azienda mondiale nel settore della ricerca e della produzione militare. Un bell’esempio di “nuove alleanze educative”… O no???
Come insegnanti forse qualche domanda ce la dovremmo porre. Noi, almeno, ce la poniamo.
La scuola come “organizzazione formativa” al servizio degli interessi del “mercato” è capace di “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”, come recita la Costituzione Italiana o, piuttosto, essa non può che approfondire ed accrescere le diseguaglianze sociali?
La scuola come “organizzazione formativa” finalizzata a costruire “percorsi di carriera adeguati alle nuove sfide della digitalizzazione” è capace di mantenere ciò che sembra ‘promettere’ o, piuttosto, le decantate professioni digitali del futuro non possono che risolversi, per chi troverà occupazione, in lavori in gran parte sottopagati, sfruttati, precari, che è quello che il mercato attualmente offre alla maggior parte dei giovani, e non solo, che cercano lavoro?
Siamo sicuri che l’ubriacatura di digitalizzazione e connessione, di immersione in realtà virtuali e aumentate, di metaverso e eduverso, ovvero la pedagogia innovativa della scuola 4.0, sarà capace di promuovere e consolidare, come viene detto, le abilità cognitive, metacognitive, sociali ed emotive dei bambini e dei giovani o, piuttosto, non potrà che produrre un loro peggioramento?
Le nuove generazioni saranno più in grado di leggere e comprendere un testo scritto? Saranno più in grado di elaborare ed argomentare conoscenze e punti di vista sulle cose? Saranno più in grado di porsi in modo critico dinanzi all’esistente o, più ignoranti, più isolati e più competitivi di quanto non lo siano oggi, saranno anche più facilmente manipolabili dal potere, da qualsiasi potere?
Su questo e su altro riprendiamo a discutere e riprendiamo la parola.
Da questo link è possibile scaricare la versione integrale del Piano Scuola 4.0:
https://pnrr.istruzione.it/news/pubblicato-il-piano-scuola-4-0/
Ottobre 2022, COBAS SCUOLA NAPOLI