




Valutare e punire, per selezionare personale flessibile, prevedibile, riconvertibile e ricattabile: questi gli obiettivi imposti alla Scuola dai potentati economici che l’hanno esautorata e snaturata, equiparandola ad un’azienda da “efficientizzare” con pratiche standardizzanti, classiste e incompatibili con i diritti all’istruzione e alla libertà di insegnamento costituzionalmente garantiti.
La circolare ministeriale 2197 del 25 Novembre scorso, significativamente emessa mentre il ministro era all’estero, quasi a rimarcare la sua assoluta ininfluenza rispetto ai processi che coinvolgono e travolgono la Scuola, ha convertito le due più contestate novità della Legge 107/2015, la cosiddetta “Buona Scuola”, in ulteriori vincoli stringenti: essa, infatti, ha stabilito che i maturandi
non saranno ammessi all’esame che tanto pesa sul loro immaginario e sulla loro vita se non avranno effettuato i test Invalsi nelle “materie-chiave” (Matematica, Italiano e Inglese) e se non avranno portato a termine il prescritto numero di ore di alternanza Scuola-lavoro, cioè quella corvée
– pretesa dalle imprese e ben accolta dagli enti pubblici – oggi ribattezzata, con contorto eufemismo, PCTO (Percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento).
Innumerevoli volte, in contributi scientifici, politici e pedagogici di alto livello, sono stati esaminati e denunciati gli inaccettabili presupposti teorici e i deleteri effetti dei test Invalsi: esautoramento
e umiliazione della funzione docente; retroattivo rimodellamento della programmazione individuale e di dipartimento; destrutturazione deliberata del pensiero critico; “disciplinamento” delle menti; centralismo e arbitrarietà dei criteri di elaborazione e tabulazione dei test; violazione della privacy degli studenti e delle studentesse, letteralmente “schedati” da un codice assegnato a ciascuna/o; sostanziale e vergognosa esclusione dei disabili; valutazione sincronica e non diacronica dei saperi acquisiti; gerarchizzazione indiretta e delegittimante delle discipline di studio; decontestualizzazione e dequalificazione dei percorsi e dei progetti scolastici decisi in ragione del milieu socio-economico della platea, con la conseguente discriminazione delle scuole poste nei territori poveri e degradati.
L’unica finalità di questo apparato di controllo e conflitto innescato ad arte è quella di distruggere la Scuola come comunità educante istituzionalmente chiamata a sostenere e orientare la crescita civile, morale e culturale dei cittadini e delle cittadine del futuro, e sostituirle una fabbrica di lavoratori standardizzati, dotati delle conoscenze indispensabili a funzionare come ingranaggi della macchina produttiva e disposti ad accettare ogni sopruso padronale come un dato fatale o connaturato alla vita professionale.
Campagne di diffamazione feroci sono state condotte contro i docenti, dalle destre ma soprattutto dal Pd, responsabile del varo della legge 107/15, per spezzare la loro resistenza e indurre le famiglie a confidare nell’Invalsi come sistema “oggettivo e scientifico” di valutazione, capace di garantire la “meritocrazia”, cioè quel darwinismo scolastico che, mettendo in competizione scuole, insegnanti e alunni, dispensa, poi, come premio per aver neutralizzato i “concorrenti”, quel lavoro, precario e avvilente, che la Costituzione annovera, invece, tra i diritti fondamentali, prescrivendo che sia dignitoso e appagante per tutti e tutte.
Con la circolare emessa dalla burocrazia ministeriale – di fronte alla quale Fioramonti, che aveva promesso almeno un drastico ridimensionamento dell’alternanza e dell’Invalsi, avrebbe dovuto avere la decenza minima di dimettersi -, questo paradigma di valutazione econometrica, istantanea e riduttivistica, finalizzato alla selezione di futuro personale impiegabile e non all’istruzione ed educazione di persone indipendenti, si accampa definitivamente come il solo valido.
Suona come una beffa, di fronte a questo atto d’imperio, la reintroduzione graziosa e “meditata” del tema di Storia, un contentino del tutto risibile, che peraltro è in contrasto stridente con la direzione impressa allo studio dall’obbligo di mettere le crocette secondo una logica che pretende di essere l’unica possibile e plausibile. Una cosa “all’italiana”, insomma, un po’ come il movimento cui appartiene il ministro, buono per tutte le stagioni.
Si prospetta, dunque, nell’immediato futuro, una sorta di “scuola-ombra”, che emette il suo insindacabile e imperscrutabile giudizio su giovani che non conosce e non vede crescere, stabilendo dall’esito di una sola e discutibilissima prova il loro futuro ruolo sociale, il loro “credito” sul mercato del lavoro.
Non solo. L’autonomia differenziata, che la Lega insistentemente chiede per poter gestire la Scuola a livello regionale senza interferenze, decidendo in materia di investimenti, programmi, retribuzione e orari di lavoro del personale scolastico, porterà verosimilmente alla determinazione dei LEP di settore, cioè dei Livelli essenziali delle prestazioni formative che la Scuola sarà chiamata a rispettare. A quel punto, non si potrà fare niente di più e niente di meno di quel che ordinerà il gotha dell’Invalsi.
La Scuola deve assolutamente reagire, facendosi forza della sua qualità di “organo costituzionale”. Constatato, ormai, l’asservimento dei sindacati confederali alla linea politica di chi smantella il sistema pubblico e statale di istruzione, i docenti devono trovare in se stessi e nelle forze non colluse gli strumenti e le pratiche per disobbedire alle direttive che ne neutralizzano la funzione. I Cobas, che con trasparenza e caparbietà sono stati spesso i soli a indire scioperi e lanciare circostanziati allarmi contro l’Invalsi e l’Asl, sono pronti a fornire l’appoggio necessario, a livello giuridico come politico.
La reazione della Scuola agli intollerabili diktat del neoliberismo, autoproclamatosi solus magister, diventa più che mai cruciale, nel momento in cui il paese rischia di frantumarsi in una ventina di “piccole patrie” in lotta fratricida per accaparrarsi risorse e prerogative.
Difendere l’istruzione emancipante e la libertà del giudizio, in questo momento, significa più che mai opporsi allo sfascio del paese, alla neocolonizzazione del Sud e al tradimento dei valori e delle aspettative dei nostri giovani riguardo a un futuro che non sia avvelenato né da sostanze né da relazioni tossiche.
Cobas Scuola Napoli