Report dell’Assemblea Unitaria Scuola Pubblica del 30.08.2016
Docenti catapultati in massa, a capriccio, all’altro capo del paese, nel più assoluto disprezzo del lungo precariato, del servizio maturato o delle documentate riserve, 104 comprese; docenti caricati dalla polizia per tutto il mese di agosto, davanti alla prefettura come davanti al provveditorato, traditi da sindacati concertativi che ne hanno svenduto i diritti più elementari, riservandosi di salvare qualche cliente con un’inedita “conciliazione”, beffati da tardive e raffazzonate proposte di rettifica di un maledetto algoritmo che il Miur continua a non rendere noto e a difendere sfrontatamente, nonostante il plateale fallimento di una procedura di mobilità, già condannata da una sentenza del Tar del 23 giugno scorso e in odore di incostituzionalità, che ha rimesso in moto la lotteria del posto.
Il trattamento riservato agli insegnanti, vittime, per il secondo anno, della legge 107 e di tagli che ostinatamente si abbattono sul Sud allo scopo di sfruttare la fame di lavoro delle regioni svantaggiate per imporre e mandare a regime la Scuola di regime, cioè la Scuola-azienda, è talmente surreale e umiliante (in queste ore, molte colleghe e colleghi vagano per i loro nuovi “ambiti territoriali” senza sapere in che scuola prendere servizio!) che anche chi, predisposto ed istigato dai media mainstream, liquida la questione ricorrendo al luogo comune della Scuola come settore privilegiato e “improduttivo” da raddrizzare con una buona dose di dirigismo padronale e selettivo, inizia a vacillare e a riconoscere che lavoratrici e lavoratori del comparto patiscono un’aggressione senza precedenti e a tutto tondo, in ragione della quale non solo viene azzerata la loro carriera, ma viene anche minata la loro salute, fisica e mentale, e la loro indipendenza, economica e politica.
Il 30 agosto, come annunciato dagli organizzatori (i Docenti in lotta contro la 107, i Cobas e i Precari Scuola di Napoli), studenti di tutti i collettivi napoletani, attivisti delle strutture liberate e autogestite di Napoli, docenti di ogni categoria, fascia e “fase”, giovani o in carriera, operai di Pomigliano ed esponenti di associazioni e gruppi autonomi si sono riuniti per reagire, pianificando azioni di lotta efficaci e concrete, all’intensificarsi dell’attacco governativo alla Scuola pubblica, tanto violento da indurre molti docenti già sfibrati da una vita di attese e di abusi a pensare addirittura di licenziarsi, firmando la propria lettera di dimissioni. E’ stato fatto, in apertura, il bilancio delle mobilitazioni, spontanee e organizzate, che si sono susseguite in un agosto senza pace, dal giorno 4, quando, a Piazza Plebiscito, gli insegnanti sono stati “contenuti” dalla polizia mentre protestavano, al 26, quando i “docenti con la valigia”, esasperati dalla mancanza di trasparenza e da una partenza al buio, che il ritiro dei tagli avrebbe scongiurato, hanno effettuato, unitamente agli studenti solidali di diversi collettivi, due blocchi stradali in via Ponte della Maddalena, davanti a un provveditorato che, sollecitato a più riprese da diverse delegazioni, è rimasto avaro di notizie e ancor più di richieste al Miur per l’ampliamento degli organici.
Coerentemente con lo spirito sotteso all’appello da cui è nata l’assemblea, che intendeva rimarcare la circolarità del disagio della Scuola e, quindi, la necessità funzionale e strategica di realizzare un’alleanza che individui nell’impianto generale e privatistico della L. 107 l’idolo polemico da abbattere unitariamente, è stato mostrato come le inaudite pratiche poste in essere dal governo e dal Miur per subordinare i docenti alle logiche del mercato dei saperi minimi procurino danni apparentemente divergenti ma in realtà complementari, che scagliano i lavoratori gli uni contro gli altri, facendo loro dimenticare la vera eziologia dei problemi, cioè la riduzione tattica e deliberata delle cattedre al Sud e la soppressione della libertà d’insegnamento. Mobilità e chiamata diretta dei presidi rischiano di naturalizzare il modello gerarchico di Scuola che si sta impiantando, passando anche per l’alternanza Scuola-lavoro, che sottrae tempo alla concettualizzazione e all’apprendimento e riduce gli studenti e le studentesse a forza-lavoro gratuita e a ricambio continuo.
E’ stato sottolineato con acume e consapevolezza matura, da parte di chi ha constatato la fallacia degli ultimi canali e sistemi di reclutamento dei docenti, che la débacle sindacale ha generato microvertenze laceranti, il cui potenziale distruttivo è accresciuto dalla presunta “oggettività” del dato relativo alla mancanza di posti, e dal conseguente affermarsi della retorica del merito.
Si è postulato l’intervento responsabile delle università e il loro coinvolgimento non solo nella lotta contro la selezione dei docenti su base economica e contro un paradigma educativo e valutativo che mortifica anche la ricerca, ma nella teorizzazione degli stili plausibili e più efficaci di trasmissione e costruzione comune dei saperi, in un momento storico di transizione strumentale, ideologica e sociale assai difficile.
Un’esigenza da più parti considerata e sentita come impellente è quella della nascita di un “sindacalismo sociale” alternativo che, oltre a garantire l’affrancamento dalle vecchie sigle compromesse con un potere che vuole riprogrammare l’istruzione tarandola sulle istanze neoliberiste di intrattenimento telematico e addestramento al lavoro precario, determinerebbe l’acquisizione collettiva di una prospettiva sistemica e finalmente politica, capace di scardinare le rivendicazioni corporative e, cosa più importante, di avviare una riflessione autogena su ruolo, contenuti e finalità dell’insegnante e dell’insegnamento.
La dequalificazione e burocratizzazione della professione dell’ insegnante, infatti, ha portato i fautori e protagonisti dell’apprendimento all’ottusa iterazione di compiti meccanici, ovvero all’autodifesa da delazioni e sanzioni disciplinari continuamente minacciate, il che ha isterilito il dibattito pedagogico e culturale. Riportare al centro della discussione questa domanda di autodefinizione e rifondazione statutaria è irrinunciabile ed è impresa che non necessita di grandi numeri, secondo colleghi che militano nel sindacalismo di base: la storia della Scuola, infatti, dimostra che i più grandi e innovativi processi (integrazione scolastica dei disabili, soppressione della dicotomia tra scuola professionale e scuola “dirigenziale” etc.) sono stati avviati da manipoli di agguerriti docenti.
Da più parti è stata riconosciuta l’indispensabilità del riconoscimento della natura politica delle trasformazioni cui la Scuola è stata sottoposta, cosa che stenta ad affermarsi nella coscienza dei docenti, troppo spesso abituati a considerare la Scuola come “zona franca” e le riforme continue dei governi come riconversioni puramente tecnico-burocratiche e gattopardesche, volte ad accrescere l’impegno del singolo insegnante per simulare rinnovamento metodologico, a fronte di una stagnazione perenne e avvilente delle pratiche didattiche e del confronto.
La vitalissima componente studentesca, massicciamente presente nella varietà dei suoi indirizzi e orientamenti, ha unanimemente ammonito l’assemblea riguardo al bisogno di superare l’intervento emergenziale o la contingente alleanza in vista di appuntamenti di piazza pure utili ad attestare la forza e irriducibilità del movimento di lotta, chiedendo nuovamente, come già fatto nel corso di un’assemblea svoltasi il 9 agosto scorso, la creazione di un coordinamento ovvero di un’assemblea permanente di docenti e studenti che possa affrontare in modo strutturale i nodi cruciali della vita scolastica, influendo sulla cernita e valorizzazione delle opzioni e priorità culturali della città e del paese.
Avvertita anche l’urgenza di una piattaforma comune da stilare, capace di contenere non solo le rivendicazioni pertinenti al mondo della Scuola, ma anche le istanze di riscatto e difesa del territorio, strettamente connesse alle prime, dal momento che fenomeni come l’esodo forzato dei docenti, la mancanza del tempo pieno, la fatiscenza degli edifici e la soppressione del welfare studentesco altro non sono che la fenomenologia variata di un disegno di asservimento del Sud e di sfruttamento delle sue risorse umane ed economiche, reso possibile anche dalla connivenza di poteri locali interessati a lucrare sulla devastazione ambientale (emblematico il caso di Bagnoli) e sul depauperamento dei quartieri.
In quest’ottica, l’esperimento che Napoli sta conducendo, con il serrato dialogo tra istituzioni e movimenti, in un virtuoso circuito di reciproca legittimazione, può diventare esemplare, anche perché l’arretramento attuale della nozione di “Stato” determina il radicamento più profondo dei cittadini ai territori e, dunque, anche dei docenti, che con il territorio realizzano quella che è stata definita una “doppia implicazione”, formativa, cioè, e di tutela.
In generale, i collettivi si sono mostrati ottimisti circa la possibilità di costruire movimenti solidi e reattivi all’interno delle scuole. L’impegno di chi conosce meglio le ricadute e la capziosità della legge sarà quello di ottenere il consenso e convogliarlo verso momenti di autoformazione e di protesta volti a scardinare l’idea di formazione veicolata dalla L. 107, con particolare riguardo all’alternanza scuola-lavoro e allo smascheramento dell’inganno delle “competenze”, lemma che nasconde l’eclissarsi della “conoscenza” ampia e critica e la sua sostituzione con tecniche di produzione precostituite e non suscettibili di integrazioni tramite contributi dal basso.
E’ auspicabile, ovviamente, una più ampia consultazione sulle date da lanciare, rispettosa di tutte le anime del movimento, e una rinnovata alleanza con docenti troppo spesso divisi, acquiescenti o proni al diktat dirigenziale, ora che la chiamata diretta palesa violentemente la deriva privatistica della Scuola. Sempre gli studenti hanno additato nella stessa assemblea in corso un primo specimen del tipo di raccordo che occorre creare tra lavoratori e studenti, non eseguendo la somma delle singole rivendicazioni ma pervenendo ad una visione politica omogenea rispetto alla quale agire solidalmente con proposte di soluzione sistemiche e radicali ancorate a movimenti resistenti presenti e agenti nel paese come catalizzatori di lotta (NoTav), e contrastando le soluzioni top-down del commissariamento iterato (Bagnoli, zone terremotate), che toglie decisionalità e potere alle comunità.
L’assemblea si è anche contestualmente espressa in merito alla campagna referendaria relativa alla riforma costituzionale, conscia del fatto che la Costituzione rappresenta per il governo una merce di scambio preziosa, da vendere ai molti docenti esasperati da un trattamento indegno o dal perdurare insopportabile dello stato di precarietà e incertezza lavorativa. Tutti gli interventi hanno sottolineato la responsabilità della Scuola nel proclamare il proprio “NO” a una riforma, peraltro illegittima e scippata a un parlamento del tutto esautorato, che vuole conferire legittimità giuridica all’assetto sociale e politico preteso dalle lobbies finanziarie mondiali. Tante volte, del resto, nel corso degli anni, dalla Gelmini alla Giannini, la Scuola si è richiamata al dettato costituzionale per ribadire e preservare le proprie prerogative e finalità; infine, è stato notato che esiste un preciso parallelismo tra la logica di centralizzazione applicata per sopprimere la libertà di insegnamento e la logica di accentramento dei poteri nelle mani dell’esecutivo prevista dallo stravolgimento della Carta, sicché il silenzio o l’assenso della Scuola sulla consultazione referendaria prossima risulterebbero incomprensibili e denoterebbero una mancata capacità di assimilazione e di interpretazione dei processi in corso. E’ stato tuttavia anche da più parti evidenziato il pericolo insito nella creazione di un legame biunivoco tra lotta per la difesa della Costituzione e lotta per la difesa della Scuola pubblica e degli altri diritti, sia perché si potrebbe rischiare di inviare un equivoco messaggio di fiducia in un’alternativa istituzionale al governo Renzi in questo momento inesistente e, comunque, non compatibile con l’orizzonte ideologico dei movimenti, sia perché la vittoria del “NO”, pure convintamente auspicata e degna del massimo sforzo da parte di tutti, non riporterebbe eo ipso i diritti sociali al centro dell’interesse collettivo.
La calendarizzazione delle tappe della lotta ha fatto registrare un’assai tiepida accoglienza per la proposta di una manifestazione a Piazza Cavour a Roma, davanti alla Cassazione – dove sono state depositate le 530.000 firme raccolte per abrogare la L. 107, e da cui ci si attende, a fine ottobre, il via libera per la celebrazione del referendum – da svolgersi il prossimo 9 settembre, già presa in considerazione il 25 luglio dai precari della Scuola riuniti in assemblea nazionale a Napoli. Molte, invece, e interessanti, le iniziative di sensibilizzazione e quelle, più dirompenti, di denuncia delle politiche di austerity, a partire dall’assemblea nazionale del 3/4 settembre a Napoli, organizzata dai movimenti raggruppati sotto la significativa denominazione di “Massa Critica” e fino a quelle da attuarsi all’avvio dell’anno scolastico, negli istituti e nelle piazze, quando è più alta la soglia di attenzione riservata al settore da parte di quei media che ormai offrono narrazioni altamente tossiche della resistenza cittadina e politica. Lezioni in piazza su singoli articoli della Costituzione sono state proposte fin dal primo giorno di Scuola, trascegliendo, simbolicamente e incoativamente, quelli che tutelano e normano il diritto all’istruzione pubblica. E’ stata caldeggiata la partecipazione del comparto Scuola all’iniziativa organizzata per il prossimo 23 settembre dai movimenti dell’area flegrea, che marceranno a Roma per la cruciale questione di Bagnoli, mentre per il 7 Ottobre è fissata la prima mobilitazione studentesca nazionale, che merita una convergenza massiccia e una preparazione minuziosa e appassionata. L’assemblea ha accolto l’appello presentato da un portavoce dei 5 operai di Pomigliano licenziati a seguito della protesta forte e simbolica messa in atto contro Marchionne cinque anni fa, e ancora vessati a livello giurisdizionale e lavorativo. Ciascuno ha potuto sottoscrivere liberamente l’appello e aderire alla cena sociale del 2 Settembre finalizzata alla costituzione di una “cassa di resistenza” per le spese legali. L’assemblea si è sciolta ripromettendosi di assumere la lotta come il proprio più importante “lavoro”.